Dall’acqua al gas
Scomponiamo l’acqua nei suoi componenti utilizzando l’elettricità
Costruiamo un semplice elettrolizzatore con una batteria da 9 volt avvolta in uno strato di pasta modellabile a base d’olio, intrappoliamo i due gas prodotti e testiamone la composizione col botto!
Sotto tema

- Batteria da 9 volt, quelle meno costose allo zinco-carbone, spesso indicate come «a lunga durata»: va bene anche una vecchia batteria (anche se potrebbe volerci un po’ di tempo in più), ma non vanno bene le batterie al litio, alcaline o ricaricabili
- Due elastici di gomma
- Due viti di acciaio inossidabile, lunghe almeno 40 millimetri
- Un pezzo di pasta modellabile a base d’olio, chiamata anche pasta polimerica (in commercio come Sculpey, Fimo, Plasticine e Plastilina) – Attenzione: le paste modellabili a base di sale, come il Play-Doh non funzionano e potrebbero causare un corto circuito
- Bicchiere di vetro o plastica trasparente oppure becher
- Acqua tiepida
- Sali di Epsom – Attenzione: non utilizzate il sale da cucina (NaCl) in questa attività perché potrebbe produrre cloro gassoso
- Cucchiaino
- Occhiali protettivi
- Due provette da laboratorio professionali (meglio se con le pareti spesse, da «combustione»)
- Accendino o fiammiferi
- Bacchetta di legno o bastoncino di legno per caffè
- Facoltativo: indicatore acido-base come rosso fenolo, fenolftaleina, blu di bromotimolo o succo di cavolo (nella sezione «Suggerimenti per gli insegnanti» sono riportate le istruzioni per farlo)
Attenzione: accertatevi di sapere quali colori indicano la presenza di un acido o di una base con l’indicatore scelto e controllate bene tutti gli aspetti legati alla sicurezza
Avvolgete un elastico attorno alla batteria da 9 volt in modo che copra entrambi i poli. Avvolgete l’altro elastico attorno alla batteria in modo che formi una croce con il primo elastico.
Fate passare le due viti in acciaio inossidabile sotto all’elastico in modo che ciascuna delle due viti poggi sopra a uno dei due poli della batteria dalla parte della filettatura (come nella foto sotto). Le teste delle viti devono essere dalla stessa parte e le viti non devono toccarsi tra di loro.
Dal momento che dovrete immergerla nell’acqua salata, occorre proteggere la batteria avvolgendola nella pasta modellabile. Prendete dei pezzetti di pasta modellabile e premetela sugli elettrodi (come nella foto sotto a sinistra). Man mano che la ricoprite, incidete un segno sulla pasta modellabile per ricordare qual è il polo positivo e qual è il polo negativo; le teste delle viti devono rimanere fuori dal rivestimento (cliccate sulla foto per ingrandirla). Continuate a pressare e a lisciare la pasta modellabile fino a sigillare tutto. Accertatevi che i segni più e meno si vedano e che le teste delle viti siano libere. Avete appena costruito il vostro elettrolizzatore! E le viti sono gli elettrodi che condurranno l’elettricità nel corso dell’esperimento.
Riempite il bicchiere fino a tre quarti con acqua tiepida.
Indossate gli occhiali protettivi.
Versate un cucchiaino (5 ml) di sali di Epsom nell’acqua e mescolate per favorirne lo scioglimento.
Riempite le due provette fino al bordo con la soluzione ottenuta. Mettetele da parte, ma appoggiatele in verticale, in modo che l’acqua non si rovesci.
Inserite il vostro elettrolizzatore nella soluzione con gli elettrodi (le viti) verso l’alto. Le teste delle viti devono rimanere al di sotto della superficie dell’acqua salata. Se emergono, aggiungete un pochino d’acqua.
Una volta che l’elettrolizzatore è immerso nell’acqua salata, dovreste iniziare a vedere delle bollicine salire dagli elettrodi. Per catturarle, tappate una delle due provette piene di soluzione con il pollice o un altro dito, premendo bene in modo che sia ermeticamente chiusa. Poi, capovolgetela e immergetene l’apertura nel bicchiere con l’acqua salata accertandovi di non rovesciare la soluzione. Vi si bagnerà il dito. A questo punto, toglietelo mentre la provetta è capovolta e immersa. La soluzione dovrebbe rimanere all’interno della provetta.
Tenendo la bocca della provetta al di sotto della superficie dell’acqua, avvicinatela a uno dei due elettrodi che producono bollicine. Accertatevi che solo le bollicine di uno dei due elettrodi riescano a salire fino all’interno della provetta. L’elettrodo dovrebbe riuscire a far stare in verticale la provetta che sta raccogliendo il gas.
Ripetete i passaggi 9 e 10 con la seconda provetta, posizionandola sopra all’altro elettrodo (cliccate sulle immagini sotto per ingrandirle).
Osservate bene il vostro elettrolizzatore. Noterete subito che si formano delle bollicine sugli elettrodi. Sembra che uno dei due ne produca di più? È il polo negativo o il positivo?
Se volete, a questo punto potete aggiungere dell’indicatore acido-base alla vostra soluzione di acqua e sale. Il colore è cambiato?
Lasciate la composizione a raccogliere bollicine per diverse ore, anche per tutta la notte. Trascorse un po’ di ore dovreste notare che una delle due provette ha raccolto molto più gas dell’altra.
Per verificarne la composizione potete eseguire la prova del bastoncino. Attenzione: fatelo insieme a una persona adulta e indossate una protezione per gli occhi. Dovrete accendere delle fiamme.
Cominciate dalla provetta che contiene più gas. Dovrebbe essere quella sull’elettrodo negativo. Se sono entrambe completamente piene di gas, controllate quale delle due provette si trova sull’elettrodo negativo. Indossate gli occhiali protettivi. Infiammate l’estremità di un bastoncino (come nella foto sotto a sinistra). Tirate fuori dall’acqua la provetta molto rapidamente e avvicinate il bastoncino acceso alla sua apertura (come nella foto sotto a destra). Tenete il tutto molto saldamente. Potreste sentire un forte scoppio!
Adesso ripetete il test con la provetta che si è riempita più lentamente. Accendete di nuovo un bastoncino, ma questa volta soffiate sulla fiamma in modo che resti solo un bastoncino fumante.
Tirate fuori dall’acqua la seconda provetta molto rapidamente e inserite il bastoncino fumante alla sua apertura (come nella foto sotto a sinistra). Questa volta il bastoncino dovrebbe riaccendersi (come nella foto sotto a destra). Appena il bastoncino si riaccende, estraetelo dalla provetta, soffiate per spegnerlo e inseritelo di nuovo. È possibile che riusciate a riaccenderlo diverse volte.
L’elettrolisi è la scomposizione chimica prodotta dall’elettricità: in questo caso abbiamo scomposto l’acqua.
La formula molecolare dell’acqua è H2O, in cui H è l’idrogeno e O è l’ossigeno. All’interno di un bicchiere, molte delle molecole dell’acqua si separano spontaneamente in ioni di idrogeno (H+) con carica positiva e ioni di idrossido (OH-) con carica negativa. L’elettrolizzatore genera delle reazioni che accentuano ulteriormente questa scomposizione.
Le cariche opposte si attraggono, quindi gli ioni di idrossido contenenti ossigeno si spostano verso l’elettrodo positivo, mentre gli ioni di idrogeno si spostano verso l’elettrodo negativo.
Sia l’ossigeno, che l’idrogeno sono due elementi che preferiscono lo stato diatomico, cioè di molecole composte da due atomi. Vicino all’elettrodo positivo, gli atomi di ossigeno si separano dagli ioni di idrossido e si uniscono andando a formare bolle di ossigeno (O2). Allo stesso modo, vicino al polo negativo, gli ioni di idrogeno si uniscono formando bolle di idrogeno (H2). Ecco la formula chimica che descrive quanto accade:
2H2O(l)→ 2H2(g)+ O2(g)
Sia l’ossigeno, che l’idrogeno sono gas incolori e insapori. E allora come si fa a sapere quale delle due provette contiene l’uno o l’altro gas? Ecco un indizio: una delle due si riempie più in fretta. Gli atomi di idrogeno che consentono di formare il gas sono il doppio, quindi il volume dell’idrogeno formato dovrebbe essere maggiore del volume dell’ossigeno.
La prova del bastoncino ci dà poi un altro indizio: l’idrogeno è altamente infiammabile (fatto noto dopo il disastro dello zeppelin Hindenburg) e, se acceso, emette un suono simile a uno scoppio. L’ossigeno, invece, non è infiammabile, ma è indispensabile per la combustione: ecco come mai il bastoncino si riaccende a contatto con l’ossigeno.
I sali di Epsom disciolti nell’acqua, noti anche come solfato di magnesio (MgSO4), aiutano la batteria nella scomposizione dell’acqua. I sali, infatti, si scompongono in particelle dotate di carica e contribuiscono a trasportare la corrente elettrica all’interno della soluzione.